Farfisa Seven x

Quando si parla di FARFISA si parla della storia degli strumenti musicali italiani e dell’azienda che è stata la più grande fabbrica d’Europa di questo comparto.
Negli anni sessanta/settanta, strumenti come il Compact Duo o il Polychrome sono stati usati da band e gruppi musicali di fama internazionale ed il loro sound, ha lasciato un segno indelebile nella discografia e nelle produzioni musicali dell’epoca. Molti di questi strumenti vintage, sono stati esposti al museo temporaneo organizzato in occasione dell’annuale Farfisa Day di cui potete leggere in questo mio articolo.

Come è noto, la storia non è stata tenera con questo gigante industriale che, dopo gli anni dei grandi successi, vide la propria competitività ed il proprio appeal ridursi anno dopo anno sino alla sua completa e definitiva chiusura avvenuta alla fine degli anni 90 (1997).
Personalmente ritengo che il caso debba essere studiato nel dettaglio e capire come, un tale “disastro industriale”, possa essere accaduto nella speranza che non si ripeta di nuovo.

Passare da essere “numero uno del settore” a “magazzino IKEA” (questa è la fine a mio avviso poco gloriosa che ha fatto la location della storica azienda) non è cosa da poco soprattutto, viste le molteplici occasioni di rilancio che si sono susseguite negli anni e le ingenti iniezioni di denaro pubblico e privato finalizzate al sostegno e al suo sviluppo.

E’ nota infatti la storia del centro ricerca IRIS che l’azienda, una volta rilevata dalla Bontempi, impiantò nei pressi di Roma al fine di sviluppare chip e DSP adatti a realizzare strumenti musicali elettronici digitali professionali.  Da quanto ho sentito e visto, nei vari incontri che si sono svolti negli anni sull’argomento, il centro era gestito da matematici, fisici che pur realizzando sistemi di alta tecnologia, non riuscirono a “mettere a terra” nei giusti tempi, quello che sarebbe servito alla loro azienda per essere competitiva sul mercato.
Le premesse c’erano tutte: realizzarono infatti il  K22,  un DSP customizzato per applicazioni musicali (probabilmente derivato da un altro DSP) che permetteva di generare suoni in tecnologia “multisintesi” molto ben fatto per l’epoca.

Alcuni dei chip prodotti dall’IRIS

Il chip era molto versatile, implementava diversi algoritmi di sintesi, ma probabilmente, per il particolare momento di mercato, non era quello che serviva.
Erano gli anni in cui gli strumenti musicali elettronici (soprattutto quelli orientati al piano bar o all’intrattenimento) dovevano emulare il sound originale degli strumenti musicali con il massimo realismo possibile. I concorrenti come Roland o Yamaha, avevano sviluppato chip dedicati in sintesi PCM (con interpolazione e filtri) che facevano una sola cosa ma, la facevano molto bene.
Il Roland Sound Canvas o la serie MU dalla Yamaha ne sono alcuni degli esempi.
Risorse e tecnologie di sintesi così potenti come quelle inserite nel K22, messe in uno strumento orientato al piano bar, forse non servivano e in alcune occasioni, alcune features vennero addirittura “nascoste” come ad esempio accadde per l’editor FM della tastiera FARFISA F1.

Alla fine anche in FARFISA capirono questa cosa e nella serie G7 (di cui fa parte Seven X oggetto di questo articolo), tolsero la multi sintesi a favore del solo PCM in modo da aumentare la polifonia e allinearsi con il mercato ma probabilmente era troppo tardi. Nel 1996/1997 Ketron spopolava con la serie MS e X e si preparava a sviluppare il MidJay, Technics picchiava duro con gli arranger KN e Roland dominava il mercato con la serie E (solo per citarne alcuni);
Arrivare per ultimi non aiutò e sicuramente, a mio avviso, ne decretò il fallimento.
Se volete saperne di più sulla storia i personaggi e le vicende legate a questo prodotto, leggete l’ottimo articolo dell’amico Renato Restagno relativo al circuito Arranger Legacy

Il SevenX

Il Modulo Seven X è l’espander della tastiera Farfisa G7, una delle ultime prodotte dalla casa Anconetana.

Farfisa Seven X

Si tratta di un modulo molto be congegnato e dalle caratteristiche tecniche e musicali molto valide.
Ha tutto quelli che si richiedeva all’epoca: sezione di arrangiamento completa con variazioni, fil-in, intro ed ending, una buona tavolozza sonora compatibile General MIDI, ampio display LCD, lettore Floppy con sequencer integrato, doppio ingresso per microfono con possibilità di effetti e uscita video per il Karaoke.

Vista del pannello posteriore con tutte le prese e l’uscita Scart per il collegamento allo schermo KARAOKE

Il Seven X dispone di 128 suoni General Midi, 8 Drum Kit, 1 Kit di effetti speciali ( altri 16 suoni custom possono essere caricati da floppy disk).
Ogni timbro ha 5 variazioni di cui una personalizzabile tramite l’editor integrato.
Il parco suoni poteva essere ulteriormente aumentato grazie alla presenza di una scheda ( opzionale) di espansione da 2MByte di RAM non volatile che consentiva il caricamento di nuovi samples.
Lo strumento è multi timbrico a 16 parti e la polifonia e di 24 note.
La sezione di accompagnamento automatico dispone di 64 stili strutturati in 7 parti mentre altri stili possono essere caricati tramite il floppy.
Novantasei locazioni di memoria utente possono essere utilizzate per memorizzare la configurazione della macchina e richiamarle al bisogno.

L’architettura e le funzionalità dell’espander sono ottime e gli styles ed i suoni inclusi sono di buona fattura anche se a mio avviso non riescono a conferire al dispositivo una suo carattere deciso.
Non so come spiegarmi, l’impressione è che la parte musicale includa “poca anima” e pur non avendo nulla che non vada, a mio avviso non convince sino in fondo e non dà la giusta spinta al prodotto.

Nel video seguente Marcello Colò esegue alcuni degli styles di serie dello strumento.

Le funzioni software sono molto ricercate e dettagliate; c’è ad esempio la possibilità di visualizzare le parti midi sul display come normalmente si farebbe in un software per PC o c’è anche la possibilità di programmare e caricare nuovi style e nuove registrazioni.

Il Punto di vista tecnico

Dal punto di vista tecnico l’apparecchio è basato su un processore della NEC, probabilmente in RISC personalizzato per i progetti Farfisa e due K22, uno dedicato alla generazione l’altro al processing degli effetti.

La CPU principale della macchina
I due DSP uno dedicato alla generazione e l’altro agli effetti

Lo schema della generazione sonora è classico ed include il DSP K22 e le memorie in cui sono memorizzate le forme d’onda dei suoni. Sulla sinistra si nota anche il connettore dell’espansione di memoria aggiuntiva una vera novità per l’epoca in questa fascia di strumenti.

Dal punto di visto dell’ingegnerizzazione, il modulo risente del fatto che è direttamente derivato dal modello a tastiera. Internamente e basato su due schede: una di alimentazione e l’altra logica e di controllo mentre il pannello superiore è collegato con una serie di piattine e file che danno un certo senso di disordine quando si apre l’apparecchio.

Infine i tecnici della Farfisa devono aver dimenticato qualcosa durante il progetto o commesso qualche errore e sembra che per rimediare, le schede venissero ritoccate manualmente con dei filetti e delle saldature posticce; soluzione non elegante ma comunque funzionale.

Per i più curiosi riporto qui di seguito la fattura d’acquisto del mio esemplare che nel 1997 venne pagato ben due milioni di vecchie lire: sicuramente non si trattava proprio di uno strumento economico.

Ci si vede alla prossima puntata!

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