YAMAHA PSR 6300

Chi ci segue sin dagli inizi, avrà notato che in nessuna delle puntate di questa rubrica, abbiamo analizzato un Arranger prodotto dalla Yamaha. Questa mancanza, non è dovuta al fatto che la casa giapponese non abbia prodotto strumenti innovativi o interessanti in questo campo, anzi, possiamo decisamente affermare l’esatto contrario, ma semplicemente perché non avevamo macchine disponibili da poter testare ed analizzare. La quasi totalità delle tastiere e dei moduli analizzati e descritti nelle rubriche Arranger Legacy e Synth Legend, fanno parte della mia personale collezione nella quale, non è purtroppo presente nessun Arranger Yamaha.
Questa mancanza è principalmente dovuta al fatto che vivendo nei pressi della “Silicon Valley” degli strumenti musicali Italiani, quando dovevo comperare un Arranger, il più delle volte, ho optato per un prodotto “locale” se non altro per avere accesso al massimo supporto possibile o alla più rapida e veloce assistenza tecnica. Il negozio dal quale mi rifornivo da giovane ad esempio, il mitico “Strumenti Musicali Principi”, pur avendo anche in esposizione strumenti giapponesi, promuoveva e sponsorizzava in prima battuta strumenti provenienti dalle fabbriche locali come CRB, Farfisa, Solton o ELKA con le quali probabilmente otteneva margini migliori o magari riusciva a concordare un trattamento economico più vantaggioso.
In ogni caso, grazie alla cortesia di un amico, questo mese colmiamo questa enorme lacuna e parliamo di una delle capostipiti dalla fortunatissima serie di Arranger PSR della Yamaha che quando uscì sul mercato fece molto scalpore sia per le sue funzioni innovative che per la sua qualità sonora.
La Yamaha PSR 6300 era una tastiera Arranger top di gamma che fu immessa nel mercato dalla multinazionale giapponese nel 1986.
Disponeva di una generazione sonora in sintesi FM (Modulazione di frequenza) sviluppata dalla Yamaha agli inizi degli anni ’80 di cui abbiamo già parlato nella puntata dedicata al famoso DX7.
La tastiera ricalcava nella sua forma e nel suo layout meccanico, estremamente elegante ed innovativo, un modello precedente, la PSR 6100 presentata nel 1984, migliorandone però la qualità sonora, il numero delle voci, la polifonia e gli styles disponibili.

Yamaha PSR 6300

Il sistema di amplificazione integrata poteva fa pensare che la PSR 6300 fosse principalmente dedicata all’home entertainment (all’uso casalingo per dirla all’italiana) anche se grazie alle sue caratteristiche top di gamma venne utilizzata da molti musicisti professionisti ottenendo un ottimo successo commerciale.
I competitors del tempo, realizzavano principalmente i loro strumenti con tecniche di generazione sonora analogica o con al massimo qualche suono PCM relegato alle sole parti percussive.
Suoni credibili, una ricca politimbricità (la possibilità di generare contemporaneamente più suoni diversi) e una buona polifonia (la capacità di generare più note allo stesso tempo) erano caratteristiche fondamentali per la reazione di un Arranger di qualità e allo stesso tempo ostacoli quasi insormontabili per la tecnologia in loro possesso.

Il chip di generazione sonora

La Yamaha, grazie agli studi e all’applicazione della sintesi FM, disponeva invece di una serie di chip e strumenti digitali in grado di fare la differenza sia in termini quantitativi (polifonia e politimbricità) che qualitativi. I generatori FM potevano produrre più suoni contemporaneamente e utilizzabili sia negli accompagnamenti armonici che come suoni solisti da eseguire sulla tastiera dello strumento.
Nella PSR 6300 la Yamaha sfruttò a pieno questa “supremazia tecnologica” ed incluse per il tempo ottimi suoni solisti, accompagnamenti armonici ricchi e credibili e ritmi con suoni PCM di qualità.
Non a caso la PSR 6300 fece molto scalpore al suo debutto e fu per alcuni anni una dei leader del mercato.

Layout innovativo
La tastiera disponeva di un pannello comandi che poteva essere richiuso sui tasti.
In pratica una volta chiusa, si presentava come un robusto rettangolo metallico e relativamente facile da trasportare poichè la presenza ai due estremi degli altoparlanti, la rendeva un po troppo lunga.

La PSR 6300 in modalità ” Closed”.

Il suo layout meccanico non era una novità assoluta; ricalcava come già scritto la PSR 6100 immessa sul mercato qualche anno prima (nel 1984) con la quale Yamaha aveva fatto da apri pista in questo segmento di mercato.
Nella PSR 6300 avevano migliorato in maniera sensibile i suoni, la polifonia, i ritmi ed il sound globale dello strumento ma l’impostazione e la filosofia di massima era rimasta simile al modello precedente: la PSR 6100 appunto.

Le tre sezioni dello strumento.

Lo strumento disponeva di 16 voci differenti per ogni sezione disponibili (lower, orchestra e solista) e di 32 ritmi con Drum e suoni campionati.
Erano disponibili inoltre 8 locazioni di memoria per ospitare nuovi stili personalizzati: in pratica si poteva aggiornare il contenuto dello strumento il che rappresentava una grande novità per l’epoca.
Tramite uno slot di memoria, si potevano inserire delle cartucce di memoria aggiuntive, con le quali estendere le funzionalità dello strumento per salvare o caricare nuovi styles e songs.
Visto che le card erano decisamente costose, i dati potevano essere anche salvati e caricati su delle audio cassette tramite un registratore a nastro esterno (preistoria !!).
Se volete sentire quale era il suo sound, guardate il video seguente realizzato dal maestro Marcello Colò nel quale esegue alcuni brani con la PSR 6300.

Leggete anche l’ottimo articolo del ciruito Arranger legacy di questo mese su SM
http://www.smstrumentimusicali.it/yamaha-psr-6300/
e quello pubblicato sul blog di Renato Restagno:
https://tastierearranger.com/2024/05/13/arranger-legacy-yamaha-psr-6300/

I nuovi styles potevano essere direttamente programmati all’intero dello strumento suonando parte dopo parte sulla tastiera e memorizzandoli all’interno delle locazioni di memoria disponibili.
Due wheels per il pitch e la modulation erano presenti nella parte sinistra dello strumento e potevano agire sui suoni “solisti” della tastiera dando maggiore espressività alle esecuzioni.
Tenete in considerazione che tutte le sezioni potevano riprodurre 48 differenti voci con una polifonia massima di 16 note il che per l’epoca era un numero di tutto rispetto.
La tastiera era sensibile alla velocity ed erano disponibili alcune curve di risposta direttamente selezionabili dal pannello.
La parte arranger era molto evoluta. Ogni style disponeva di 4 Fill differenti di una Variazione oltre ad un Intro ed un Ending.
Erano disponibili diverse modalità per impostare gli accordi dell’accompagnamento (single finger, chord, etc.) ed era possibile suonare il basso in modalità manuale (Manual Bass) al di sopra dell’accompagnamento.
Le tre differenti sezioni: Orchestra Lower, Orchestra Upper e Solo disponevano di un controllo volume separato tramite slider che si aggiungeva a quello del volume del basso, della batteria e degli accompagnamenti.
Insomma era un Arranger estremamente completo.

Gli slider per il controllo del volume delle sezioni.


Alziamo il cofano.
Visto che il prodotto era in “prestito” e che non presentava alcun difetto o problema da sistemare, non ho avuto il coraggio di aprirlo e smontarlo.
Trattandosi di un oggetto che ha quasi 40 anni di vita, non ho voluto rischiare di rompere qualche particolare plastico o danneggiare qualche suo circuito interno.
Analizzeremo il suo funzionamento dallo schema elettrico senza ispezionare il suo interno.

La main board della PSR6300

La generazione dei ritmi e dei suoni percussivi di batteria era ottenuta tramite un chip appositamente progettato dalla Yamaha per questo scopo: l’ YM 2154.
Si trattava principalmente di un componente in grado di riprodurre campioni percussivi memorizzati all’interno di memorie ROM custom.

Schematico della generazione dei suoni percussivi.


Il Chip YM 2154 anche chiamato RYP4 drum chip, era un dispositivo multifunzionale che conteneva un sample player a 12 canali (poteva quindi riprodurre un max di 12 suoni percussivi contemporaneamente), un convertitore analogico digitale a 10 canali, 4 pin general purpose e un timer in grado di generare interrupt. Il chip veniva direttamente collegato ad un convertitore D/A (il YM 3012) per generare il suono analogico. Il suo schema di principio e di utilizzo era il seguente:

Schematico di principio di funzionamento del chip YM 2154

Nelle memorie ROM esterne (proprietarie di Yamaha) venivano memorizzati i campioni dei vari suoni percussivi. Questa soluzione è stata utilizzata da Yamaha in molte altre macchine come ad esempio nella famosa batteria elettronica RX 11 e RX 15
Per questo chip erano disponibili anche tutta una serie di memorie ROM (YM 21901, YM 21902, etc..), ognuna dalla capacità massima da 32Kbyte, contenenti suoni campionati dei vari strumenti percussivi che la Yamaha utilizzava di volta in volta nei suoi strumenti musicali.

Tabella di occupazione dei suoni percussivi nelle ROM Yamaha


Dalla tabella possiamo notare che il Ride e il Crash (la tabella si riferisce alla Drum machine RX 11) occupavano ciascuno un’intera memoria (YM 21901, YM 21902) mentre gli altri suoni percussivi erano di dimensioni molto inferiori e potevano essere contenuti in un solo chip.

Reverse engineering
Essendo un chip custom non vi sono notizie pubbliche ufficiali.
Se siete curiosi, a questo link:

https://retroandreverse.blogspot.com/2021/07/secrets-of-ym2154.html

Qui potete trovare un suo studio di reverse engineering che cerca di spiegare come funzionava e come poteva essere programmato.

Pagina del sito dove potete trovare informazioni sul funzionamento del YM 2154

La genrazione Sonora della PSR 6300
La generazione sonora era ottenuta grazie all’uso di due chip distinti marcati come XB768001 che corrisponde all’operatore YM 2414 a.k.a. OPZ.


Si trattava di un chip di generazione sonora custom sviluppato da Yamaha ad otto canali in modulazione di frequenza utilizzato per la prima volta nel generatore sonoro TX81Z.
Permetteva la generazione di otto voci con 4 operatori per canale e disponeva di una serie di forme d’onda prestabilite.
Nel progetto PSR 6300, per aumentare polifonia disponibile, ne vennero utilizzati due gestiti tramite un processore di controllo apposito che smistava i canali e i suoni sui due chip di generazione.

Schema elettrico della generazione sonora della PSR 6300


In pratica un chip generava i suoni dell’orchestra upper e lower mente l’altro quelli della parte solo e degli accompagnamenti.
Due DAC marcati sempre Yamaha convertivano il suono in analogico per poi essere mixato e mandato all’uscita dello strumento.

Per i più curiosi vi segnalo questo software tracker che emula molte delle sonorità dei chip Yamaha compreso quelle del YM 2414
https://github.com/tildearrow/furnace

Di seguito alcune immagini della PSR 6300 che abbiamo provato.

Roland Pro-E: L’Arranger Intelligente

Sono passati più di 30 anni, ma ancora ricordo quel sabato pomeriggio in cui mi recai al negozio di strumenti musicali per provare il nuovo Arranger della Roland chiamato “Pro-E”.
Entrai, lo strumento era esposto nella parte più alta di un supporto che ospitava altre tastiere già acceso e collegato all’impianto audio.
Mi colpì subito il design del pannello frontale dal colore nero lucido molto elegante, nel quale si adagiavano le serigrafie grigie e blu che descrivevano le varie funzioni della tastiera.
Ricordo che subito mi venne in mente un paragone con gli altri Arranger che avevo in casa e che avevo utilizzato nei passati anni, tutti più o meno realizzati con un design “siderurgico”, poco ricercato e senza alcuna pretesa di conquistare con la propria apparenza.
Mi avvicinai, selezionai uno style e premetti start: nulla fu come prima!
Il sound era potente, realistico, si sentivano stacchi orchestrali e accompagnamenti che cambiavano in modo dinamico in base agli accordi premuti. Un effetto di riverbero arricchiva le parti strumentali e ritmiche dando profondità e ambiente al sound globale della macchina.
Gli styles presentavano bassi profondi e penetranti e avevano una suonabilità mai sperimentata prima.
In poche parole rimasi completamente rapito e non uscii dal negozio senza averlo acquistato.

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GEM WS2: uno sguardo sotto il cofano.

GEM WS2 e GEM WS2 Expander erano due prodotti commercializzati agli inizi degli anni 90 dalla casa romagnola e rappresentavano il risultato di un ambizioso progetto, avviato qualche tempo prima, che mirava alla realizzazione di strumenti musicali innovativi e dalle elevate performance.

La serie disponeva di un nuovo sistema di generazione sonora, realizzata in proprio dalla GEM, molto innovativa per l’epoca e di due ottimi multi-effetti digitali interamente programmabili.
La generazione era multi-timbrica a 5 parti e con una wave table che permetteva la gestione e la selezione dei suoni anche in base alla dinamica oltre che nella classica configurazione a layer/split. Ricordo ancora il suono dell’ottimo Grand Piano con i layer attivabili in dynamic switch e i vari trucchi che si utilizzavano per avere delle sequenze che potessero sfruttare un numero maggiore di timbri rispetto ai cinque canonici messi a disposizione di default.
Novità e punto di forza era il “floppy disk” ed il suo sequencer interno con il quale si potevano programmare e riprodurre delle sequenze musicali complete.
La GEM attivò contestualmente la produzione di basi musicali dando il via alla fruttifera produzione di “SONG” che prosegui’ per alcuni decenni per la gioia dei fruitori.
La serie WS ebbe un grande successo commerciale; negli stabilimenti della zona ind. Squartabue di Recanati (Mc), se ne producevano centinaia al giorno e venne commercializzata in quasi tutto il mondo.
Per saperne di più sulla sua storia, leggete l’ottimo articolo del circuito “Arranger Legacy” pubblicato da Renato Restagno sul suo blog.

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